House of Cards–La Recensione della Seconda Stagione

Si torna in quel di Washington per seguire le avventure del deputato Frank Underwood di cui avevo già parlato nella Recensione della Prima Stagione. Attenzione agli spoiler

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Nominato Vicepresidente Frank si ritrova a lottare per la sopravvivenza politica nonché della propria carriera. E la prima minaccia giunge da Zoe, supportata dal suo collega/amante Lucas Goodwin (Sebastian Arcelus)

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Frank capisce che si stanno avvicinando troppo alla verità e attira Zoe in metropolitana, dopo averla convinta a cancellare ogni messaggio e conversazione fra di loro la spinge sotto un treno in arrivo facendolo passare per un suicidio. Lucas non è convinto e inizia a raccogliere prove per incastrare Underwood trovando un alleato nell’hacker informatico Gavin (Jimmi Simpson).

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Ma Gavin è sorvegliato dall’FBI e il suo agente di controllo viene comprato da Doug Stamper, capo dello staff di Frank, così facendo possono incastrare Lucas. Frank farà poi il resto mettendo il bavaglio agli altri giornalisti che gravitavano intorno alla storia.

Gavin farà ritorno nella storia sul finire della stagione quando si mette dietro Doug rintracciando Rachel (Rachel Brosnahan)

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Era la prostituta con cui si trovava il deputato Russo, Doug l’aveva salvata e nascosta sviluppando poi verso di lei una sorta di ossessione rendendole la vita impossibile, stalkerandola e mettendole sempre più pressione. Quando Doug viene ricattato da Gavin decide di portare via Rachel da dove l’aveva nascosta. Ma Rachel, ormai stanca di tutto quello, fugge e colpisce più volte con un sasso Doug che viene lasciato a terra in un bosco.

Queste sono le storie di contorno di una stagione un gradino sotto la prima, ma comunque sempre appassionante.

Frank si è ritrovato a prendere parte ad una titanica lotta con Raymond Tusk. I due si erano alleati per far andare al meglio i rapporti commerciali con la Cina, ma quando Tusk ha tentato di trasformare Frank nel suo schiavo Frank si è rivoltato mandando all’aria ogni trattativa commerciale coi cinesi creando uno stallo commerciale.

La situazione è poi degenerata e da un braccio di ferro si è passati a sputarsi negli occhi e poi alle mani con in mezzo Remy Danton (Matershala Ali)

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Già apparso nella prima stagione Remy è stato per otto anni portavoce dello staff di Frank. Dopo questa parentesi ha iniziato a lavorare per le lobby di cui è rappresentante. Si allea con Tusk nel tentativo di abbattere Frank mentre inizia una relazione con Jacqueline Sharp (Molly Parker)

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Ex militare viene scelta per sostituire Frank nel ruolo di vice-capo gruppo dei democratici. Jackie si rivelerà essere più debole di Frank, meno manipolatrice, un punto di rottura col passato. Una donna che punta al bene del paese e non a consegnare qualcosa per avere voti in cambio.
Il suo legame con Remy, iniziato come una sveltina notturna, diventa sempre più strano e complicato soprattutto quando la situazione politica diventa caotica.

Tutto esplode nel momento in cui si scopre che da un decennio Tusk sosteneva un giro di riciclaggio di soldi che partivano dalla Cina, attraversavano un casinò e poi andavano nelle casse di politici che avevano bisogno di fondi.

Un bello scandalo che cambia per sempre la faccia della politica costringendo Frank a trovare il modo di piegare Tusk senza però rischiare troppo perché la carica che ha ricoperto per oltre vent’anni si è basata su quei soldi sporchi.

In mezzo c’è il Presidente Walker gravato dalla sua personalità anonima e anche da una crisi famigliare mentre Claire ha rivelato d’esser stata stuprata da un militare trovando il sostegno di una soldatessa violentata dallo stesso uomo. Così facendo si è dato avvio ad una campagna che tentava di sensibilizzare il tema all’interno delle forze militari.

Ma la guerra fra Frank e Tusk ha complicato la legge quando Claire è stata al centro di pettegolezzi sulla sua relazione con il fotografo.

Una sfida sempre più sanguinolenta che alla fine è finita sul tavolo del Dipartimento della Giustizia.

Frank l’ha fatto sia per creare pressione su Tusk, sia per isolare il Presidente che è stato costretto a concedere ogni suo spostamento (registrato dai servizi segreti) portando alla luce la consulenza famigliare durante la quale al Presidente erano stati dati dei farmaci.
Frank lo fa per spingere il governo americano a votare per l’impeachment cioè l’atto d’accusa verso il Presidente.

Linda, il capo gabinetto del Presidente, nel corso della stagione rassegna le dimissioni quando comprende d’essere un peso per Frank.

Ma sbattere pubblicamente la notizia del riciclaggio dei soldi coinvolge anche Frank e qui è iniziato su un sottile filo di rasoio la sfida più ardua e dura avendo tutti contro: da Tusk fino al Presidente stesso che ne comprende le mosse e, con il supporto di Lisa, pensa di spingere tutta l’attenzione su Frank per farlo fuori politicamente.

Ma alla fine Frank è riuscito a scamparla sia per propria abilità di rientrare nelle grazie del Presidente sia anche grazie a situazioni fortunose come il tradimento di Remy che si è venduto a Frank in cambio di un posto nella Casa Bianca.

Claire intanto deve retrocedere sul suo disegno di legge, la soldatessa violentata ha un crollo e questo si ripercuote su Claire che si trova a trattare male il marito spingendolo a fare il possibile perché dopo aver perso la propria legge non vuole anche perdere il marito e il potere politico.

E questo ci porta ad una lettera spontanea che Frank scrive al Presidente che decide di scaricare Tusk che si vendica confessando i suoi crimini coinvolgendo il Presidente che per evitare l’impeachment, e quindi la galera, decide di rassegnare le dimissioni.
In questi casi non si va alle elezioni, il comando viene passato al vicepresidente.

Così facendo Frank Underwood diventa il nuovo Presidente degli Stati Uniti.

La prima stagione ci aveva mostrato un uomo pugnalato alle spalle che muoveva ogni tipo di meccanismo per arrivare in fondo. La seconda ci ha mostrato un comandante tenere la propria barca riempita soprattutto dal suo ego e dal suo orgoglio in mezzo ad una tempesta feroce.

La tempesta Raymond Tusk, la tempesta dei soldi riciclati. La tempesta di un mondo più ampio in cui Frank non ha più così tanta libertà come una volta, dove non è più lui a condurre la gara, dove ci sono poteri economici e politici più ampi.

Più volte si sono visti gli scogli, più volte si è rischiato l’affondamento, Frank ha tenuto duro, rispondendo pugno su pugno a Tusk ma anche al Presidente che alla fine ha trovato il filo rosso delle sue manipolazioni per arrivare ad una carica di prestigio.

È stata una stagione che ha cementificato gli Underwood, recensendo la prima stagione mi ero spinto a dire che talvolta quel ti amo fra Frank e Claire risultasse più un pro forma che altro e invece hanno dimostrato una solidità a prova di bomba.

E qui si apre un bellissimo parallelismo con la famiglia presidenziale. Lì la famiglia è stata un problema, ha praticamente affondato la carriera politica del Presidente Walker. Claire ha invece avuto un ruolo fondamentale nel permettere al marito di vincere.

Frank avrebbe agito per conto proprio, è Claire che lo spinge a sedurre il Presidente, riconquistarlo e poi pugnalarlo alle spalle.

Una coppia diabolica che ha però delle differenze che potrebbero trasformarsi in eventuali punti deboli. Quando Claire si ritrova costretta a ritirare il proprio disegno di legge questo si riflette con effetti disastrosi sulla soldatessa violentata e Claire si mette addirittura a piangere in una scena che sembra quasi surreale anche se non è la prima volta che miss Underwood mostra una maggior umanità rispetto al marito.

È mancato però lo sfondamento della quarta parete, Frank che guarda verso di noi e parla. Ci ha usati come sfogo, come giustificazioni per le azioni più negative come ad esempio dopo l’uccisione di Zoe. Però nella prima stagione questo meccanismo era molto più presente e più coinvolgente.

Un’ottima seconda stagione ma secondo me un pizzico sotto la prima che ho trovato molto più completa e avvincente, questa seconda stagione in alcuni punti è stata quasi pesante, meccanica. La sfida fra Tusk e Frank ha vissuto momenti epici come tutta la cavalcata finale ma ha avuto anche momenti abbastanza di morta e di stallo.

Non ha aiutato la storia di Lucas che si è rivelata la prima vera trama di peso della serie. Ci hanno messo troppi episodi per arrivare poi a niente, non è stato aggiunto nulla.

L’ossessione di Doug per Rachel al momento non ci ha condotta a nulla, ma non essendo finita non voglio tirare soluzioni affrettate.

Remy non mi era piaciuto nella prima stagione e non mi è piaciuto neanche nella seconda. Classico affarista che si piega a seconda di come soffia il vento (economico e/o politico). Mi ha deluso tantissimo Jackie, un personaggio che si è spento strada facendo, all’inizio appariva come un bel punto di rottura ma poi è diventata abbastanza insulsa.

Il gradino sotto nasce proprio da queste piccole imperfezioni che nella prima stagione non c’erano, la prima è stata una cavalcata di 13 episodi meravigliosa, coinvolgente. Questa seconda ogni tanto è andata a corrente alternata.

Sempre di qualità ovviamente, ce ne fossero di serie fatte così. Ma proprio perché sono stato abituato talmente bene che noto di più queste differenze.

Però la terza stagione promette spettacolo, Frank nominato Presidente apre ad un’ulteriore fase che potenzialmente può essere esplosiva e sensazionale.

Ma stando alla seconda stagione la lotta per la riforma pensionistica è stato uno dei momenti più epici. Le trattative che hanno tirato in mezzo anche i repubblicani, citati ma non mostrati nella prima stagione, la lotta nel senato con tanto di rappresentanti arrestati e portati di peso.

Registicamente sempre perfetti, soprattutto nel ritagliare la personalità di un Presidente di cui avevo già fatto notare l’anonimato, caratteristica che diventa fondamentale nel percorso di conclusione del personaggio di Garret Walker. Le inquadrature nella residenza della Casa Bianca con cui che si inginocchia pesato da tutto, la bellissima inquadratura del suo sguardo perso nel vuoto totalmente isolato.

Appare chiaro che hanno scelto un Presidente così anonimo proprio per motivi di storia o magari è l’attore ad esser stato abilissimo a realizzarlo così. In tal caso i miei più sinceri complimenti.

Ma la perfezione registica è nella parte conclusiva della stagione, quando Frank e Claire giungono nella zona principale della Casa Bianca e si incamminano verso lo Studio Ovale con a fianco due file di persone che rendono onore al nuovo Presidente.

Presidente che poi si ritira da solo nello Studio Ovale, “assaggia” il potere di quel tavolo, alza gli occhi e ci fissa con lo sguardo di un uomo che sa d’essere il tassello più importante del mondo.

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Una scena semplicemente spettacolare che anche senza dialoghi e musica trasuda epicità da ogni fotogramma.

È stata una stagione di maturità. Per Frank, per la serie. Citavo come i repubblicani venissero mostrati per la prima volta, stessa cosa accade per il mondo al di fuori di Washington. Se nella prima stagione il viaggio più lontano era stato in South Carolina ora andiamo anche in Cina.

Problemi più ampi della mera lotta politica, però anche qualche momento un po’ zoppicante o fin troppo lento.

Giudizio globale è di una stagione che ha dimostrato ciò che io cerco sempre da una seconda stagione e cioè la capacità di crescere, di andare oltre a ciò che ci era stato mostrato puntando più in alto. Bisogna correggere un po’ il tiro in poche cose, però siamo su una strada ottimale.

8.5

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