Elvis: La Recensione

Elvis è un film biografico del 2022 diretto da Baz Luhrmann che ha firmato la sceneggiatura insieme a Sam Bromell, Craig Pearce e Jeremy Doner. Recensione spoiler.

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Lungo biopic su Elvis Presley, narrato come voce fuori campo dal suo agente Tom Parker (interpretato da Tom Hanks) e che racconta l’intera carriera di Elvis: dalle origini nel sud degli Stati Uniti, fino alla fama e il declino, conclusosi con la morte ad appena quarant’anni.

È inevitabile dover fare questa recensione compiendo talvolta qualche paragone con Bohemian Rhapsody di Bryan Singer. Quell’immondizia, a confronto con Elvis, esce polverizzata.
Il film di Singer era, per citare il primissimo Farenz, merda che caga merda. Un insulto continuo e costante, un film vomitato e privo di ogni caratteristica artistica. Elvis, invece, ha una profonda sensibilità nel raccontare nel modo più completo possibile il personaggio valorizzando, e parecchio, il materiale musicale.
Signor Luhrmann non le andrebbe di fare un film su Freddie Mercury?

Ho amato questo film e ammetto un pizzico di invidia nel veder trasposto un biopic così ben fatto se ripenso a cosa è stato fatto con Freddie. Elvis è un film monumentale, esagerato, luccicante, frenetico, lunghissimo, ma mai noioso. Anzi, le oltre due ore e venti di pellicola scorrono in modo molto gradevole.
La sceneggiatura è brillante, usando saggiamente acceleratore e freno: va veloce sulla parte del militare e la fase hollywoodiana, ma rallenta a cavallo tra anni ’60 e ’70, così come amplia bene le origini e i complicati rapporti con la società moralista americana degli anni ’50.
È un film colorato, luminoso e rumoroso, volutamente esagerato e con un montaggio spesso pirotecnico al limite del frenetico. Non è un caso che la pellicola si esalti nella sezione a Las Vegas: nella città più esagerata di sempre un film così esagerato si trova nel suo habitat.
Nonostante questa impostazione esagerata Elvis è un biopic rumoroso, ma anche sensibile e forte, capace di tratteggiare la maestosità e le fragilità di un cantante leggendario.
Se Singer descriveva Mercury ossessionato dalla sua sessualità senza approfondire altri aspetti, Luhrman mette in scena un Elvis forte sul palco, ma umanamente fragile e sensibile, forse anche un po’ sempliciotto in alcuni aspetti.
Se Singer doveva in maniera soffocante sottolineare eccessi e difetti, Elvis si sofferma sugli eccessi per dovere di cronaca, ma poi esalta l’animo più rock dando alla pellicola una dimensione musicale che permette di scoprire il patrimonio musicale di Elvis.

La parte negli anni ’50 è molto bella perché nel narrare l’origine di Elvis sa narrare anche un’ampia critica sociale verso una società moralista in modo esagerato. La ribellione del giovane Elvis, il suo anticonformismo, tutto perfettamente tratteggiato.
Altro picco è la registrazione dello speciale natalizio dove, complice anche la bravura degli attori, ci sono pochissime linee di dialogo, ma un’intensità narrativa esaltata anche dalla forza musicale che irrompe come un tornando in quel If I Can Dream.
Ma la sezione che ho amato totalmente è quella “lasvegasiana”. In un simile contesto la pellicola decolla, esplode, dà fuoco a tutto quanto, sfonda completamente, sfrutta il deteriorarsi dei rapporti e riesce a portare in cima tutto: il lavoro degli attori, la musica e la messa in scena.
Un film dentro un altro film, visto che la pellicola è narrata come ultimi pensieri di un morente “colonnello” Tom Parker (che non era né un colonnello né un Tom Parker), villain di fatto dell’intera storia fin da quel perentorio deve salire sul palco mostrato nelle prime scene.
Ecco la sensibilità nella potenza visiva: un Elvis affamato di amore verso i suoi fan e un Parker affamato di guadagni facili, un confronto atipico che valorizza e inspessisce il biopic alternando saggiamente momenti di pura adrenalina a sequenze toccanti, come quella nell’auto verso la fine, dove si percepisce il tracollo e il declino di Elvis.

Elvis è quindi l’insieme di tante storie e tanti film, alterna bene i generi passando da una narrazione “ad artiglieria pesante” con luci e suoni, a qualcosa di molto più profondo e toccante, come la già citata scena in auto, ma anche tutta la sequenza della morte della madre e l’ultima esibizione mescolando il vero Elvis con quello di Austin Butler.
È così che deve essere fatto un biopic musicale: approfondire gli aspetti più fondamentali della personalità esaltando la sua grandiosità come cantante. Con Elvis ci sono riusciti, facendo apprezzare anche a me un cantante e una musica che non ho mai seguito in modo assiduo.

Il cast si regge esclusivamente sulle spalle di Austin Butler e Tom Hanks. Al cast non mancano personaggi e volti, ma Butler e Hanks sono i due giocatori di questo “sbarluccicoso”, potentissimo e profondissimo film.

Butler mi ha colpito nel profondo. Rami Malek prendi nota su come si porta in scena un personaggio realmente esistito: non con quella faccia da pesce lesso, ma con tanto lavoro. Butler è impressionante nel ricostruire le movenze di Elvis, come dimostrano i video su YouTube che stanno confrontando l’interpretazione dell’attore con il vero Elvis.
Ma aldilà della capacità di portare sullo schermo il cantante, che dimostra un gigantesco lavoro di preparazione prima delle riprese, Butler ha anche la forza di portare sullo schermo un ottimo Elvis introspettivo, molto toccante e sensibile nelle scene dove deve semplicemente recitare.
Non era da Oscar Malek, non è da Oscar Butler, ma a questo punto se l’hanno regalato Malek per scimmiottare Freddie Mercury allora Butler forse meriterebbe già solo per il lavoro che ha fatto nella preparazione anche fisica.

Chi deve vincere, senza se e senza ma, un Oscar è un Tom Hanks semplicemente monumentale. Non si scopre oggi che è uno degli attori migliori di Hollywood, ma ciò che è riuscito a fare in questo film è da applausi, tanto più che parliamo di un ruolo così atipico.
Perché Hanks è sempre la figura positiva, anche quando dirigeva il miglio verde, anche in Lady Killer dei Coen. Qui invece Hanks è chiamato ad interpretare un essere spregevole, squallido, cattivo nel profondo e viscido. Molto ben truccato, ma molto abile a far emergere la negatività di Tom Parker con mimica, sguardi, complimenti anche al doppiatore per aver fatto un grande lavoro.
Una prova atipica ma che risulta immensa e magnetica, in particolare nella fase di Las Vegas o quando deve incarnare il diavolo tentatore. Hanks si conferma essere un attore capace di fare qualsiasi cosa, un monumento vivente all’arte attoriale e che dovrebbe davvero vincere il terzo Oscar della carriera: come Tom Parker ha dato veramente tutto.

In sostanza un nove e mezzo. Siamo davanti ad un film di una forza immensa, costruito con tanta testa e tanta attenzione. C’è un lavoro massiccio di ricostruzione storica e di immagine, Austin Butler ha messo anima e corpo, Hanks ci ha messo la sua esperienza. Il tutto in una storia che non dimentica mai di raccontare la persona, il risultato è una pellicola di livello molto convincente, che ho apprezzato e che andrà ad arricchire la mia videoteca perché questi sono film che vanno visti e rivisti più volte.

9.5

Un pensiero riguardo “Elvis: La Recensione

  1. Complimenti per il blog, ti seguivo dal forum di italiansubs. A proposito hai ancora il tuo file su Lost? Causa computer rotto anni fa persi quel file

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